Onorevoli Colleghi! - Se grazie alla recente regolamentazione europea in materia di protezione delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari negli ultimi anni si è riusciti ad invertire un pericoloso processo di abusi e di speculazioni sull'uso commerciale dei nomi geografici che designano i prodotti agricoli e alimentari originari di tali aree geografiche, altrettanto non può affermarsi per le produzioni tipiche e per le preparazioni originali, antesignane di quelle che oggi sono diventate vaste categorie merceologiche che, per assenza di tutele, hanno assunto la qualifica di indicazioni «generiche» (vedi la pasta, la pizza, la mozzarella, l'aceto eccetera).
      Non solo a livello europeo, ma anche nel nostro Paese si assiste con preoccupazione ad una generale tendenza alla perdita del patrimonio e della cultura agroalimentare ed eno-gastronomica, seguita dalla banalizzazione dell'offerta dei prodotti alimentari.
      Alcuni prodotti tipici sono a rischio e non si trovano più nei mercati; la conoscenza di alcuni piatti e ricette rimane spesso limitata a pochissime persone e non si trasmette alle giovani generazioni; si tende a identificare un territorio con alcuni famosi prodotti e ricette sottovalutando l'enorme ricchezza che lo stesso avrebbe invece da offrire; gli operatori della filiera turistico-ricettivo-culturale stanno in parte perdendo i loro saperi; la stessa idea di competenza è legata più agli aspetti tecnici che a quelli della cultura e dell'identità.
      Tutto ciò contribuisce alla perdita dell'identità culturale del territorio.

 

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      In questo scenario, non certo soddisfacente, è costretto ad operare il consumatore il quale, il più delle volte, nell'incertezza delle qualità o delle concrete specificità dei prodotti che deve acquistare, finisce per scegliere gli alimenti meno autentici e più standardizzati che, seppure omologati, offrono affidabilità costanti in ragione della loro notorietà e della loro presenza costante tra gli alimenti dell'industria alimentare.
      In questo caso, però, viene penalizzata enormemente la soddisfazione sensoriale e qualitativa del pubblico, sempre più relegato alla condizione di non poter gustare e sentire i sapori autentici degli alimenti artigianali, realizzati secondo regole e discipline uniche che si tramandano da generazioni, o di non ritrovare nel cibo le essenze particolari dei luoghi di produzione, ma anche di non saper distinguere le differenze variegate che possono avere gli alimenti a seconda della tipicità locale che li caratterizza.
      Purtroppo, soprattutto a causa dell'assenza di una vera cultura alimentare e per la progressiva perdita della memoria storica delle nostre più autentiche tradizioni rurali, accade frequentemente di non riuscire a individuare i prodotti alimentari secondo quelle originali forme che essi hanno assunto al momento in cui sono stati inizialmente realizzati.
      Capita anche di designare con nomi tradizionali prodotti che non posseggono alcun riferimento con le tradizioni e che sono del tutto diversi da quelli autentici, per i quali le denominazioni classiche sono state originariamente utilizzate. Si assiste, cioè, alla dissociazione delle accezioni merceologiche e si finisce per acquisire come per autentici gusti e caratteri sensoriali assolutamente diversi da quelli posseduti dal prodotto originale.
      In altri casi, a causa di periodi estremamente lunghi in cui si è fatto un uso improprio delle denominazioni dei prodotti agroalimentari, è avvenuta la mistificazione naturale degli alimenti, nel senso che, nell'uso comune, si sono consapevolmente e convintamene indicati con nomi autorevoli e prestigiosi di antiche derrate prodotti del tutto lontani da quelli legittimi.
      A tale proposito, come esempio di questa perdita di identità semantica, è interessante citare il caso del cappuccino, bevanda che ai tempi d'oggi consta di una miriade di varietà produttive e di tipologie di presentazione, mentre esiste un unico e autentico alimento che in origine è stato denominato cappuccino, assolutamente unico per bontà, sapore, consistenza, freschezza e qualità, e di cui le preparazioni attuali sono dei malriusciti succedanei.
      Possiamo allora affermare che per tutelare i marchi ed i prodotti agroalimentari italiani non è sufficiente esercitare solo la funzione normativa per approvare regole di protezione contro le frodi, le imitazioni o le cosiddette «piraterie alimentari», ma è necessario anche intervenire a monte e a valle di tale attività legislativa, segnatamente attraverso l'approvazione di misure che promuovano la conoscenza delle nostre tradizioni e delle relative culture alimentari e di azioni che favoriscano la piena informazione e la distinzione evidenti dei prodotti di qualità, così che il consumatore possa sempre operare scelte consapevoli e corrette. Siamo certi che se il pubblico è messo in condizione di distinguere, prima dell'acquisto, i prodotti autenticamente di qualità da quelli falsi, non solo sarà difeso nelle scelte, ma soprattutto potrà consumare alimenti genuini e di eccellenza, e di seguito sarà egli stesso a richiedere tali prodotti a discapito degli altri di bassa imitazione, contro cui oggi si tenta di difendersi con normative di protezione.
      Il lavoro necessario per ripristinare un minimo di lealtà tra prodotti autentici e relative denominazioni specifiche è certamente difficile e lungo, ma non impossibile. Esistono, infatti, metodi di intervento che soddisfano queste necessità. Uno dei principali è la certificazione del processo produttivo applicata a tutte le fasi che caratterizzano la realizzazione di un prodotto autentico che, nel dettaglio, è costituita dalle seguenti fasi:

          1) l'effettuazione di test sul consumatore per rindividuare i modelli di qualità;

 

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          2) la descrizione in laboratorio dei modelli di qualità mediante le regole scientifiche dell'analisi sensoriale;

          3) la creazione di un archivio storico per definire i modelli di conformità all'archetipo che più risponde ai desideri dei consumatori;

          4) la definizione dei profili di conformità;

          5) la certificazione dei profili di conformità.

      A corollario di queste cinque fasi metodologiche di lavoro, bisogna necessariamente aggiungere quella inderogabile di prevedere che la certificazione adottata consideri prioritariamente le attese del consumatore, perché la qualità modernamente intesa segue questo approccio. In passato ciò era difficile da attuare, sia perché il consumatore chiedeva di essere garantito soprattutto sotto il profilo della genuinità (intesa nel senso più ampio della parola) e della salubrità, sia perché mancavano i metodi di analisi sensoriale per definire il percepito di un prodotto. Oggi, però, tali limiti sono superati e la certificazione è un valido alleato per valorizzare e proteggere gli autentici prodotti tipici, tradizionali e di qualità.
      Alla luce di quanto descritto, al fine di porre un freno e di arrestare l'attuale fenomeno della banalizzazione e della genericizzazione delle nostre più famose produzioni agroalimentari di qualità, si presenta questa proposta di legge che mira a promuovere e a valorizzare le produzioni autenticamente nazionali, di alta qualità e che, soprattutto in un periodo di globalizzazione quale quello che stiamo vivendo, si pongono come simbolo internazionale dell'alimentazione semplice, sana e genuina. Le norme proposte non contrastano con la vigente normativa comunitaria sulla protezione delle denominazioni di origine e delle specialità tradizionali, ma anzi mirano, ex ante ed ex post, a completarne l'efficacia, in quanto vogliono fornire al consumatore gli strumenti di riconoscimento più efficaci per identificare e per acquistare prodotti agroalimentari tipici delle tradizioni italiane, evitandogli di subire costosi imbrogli, inganni e truffe di vario genere. Si tratta, in definitiva, di costruire dei segni distintivi, lessicali e grafici, da inserire solo sui prodotti concretamente originali, scrupolosamente controllati e certificati, grazie ai quali i consumatori potranno sia distinguere i veri prodotti agroalimentari di qualità dalle imitazioni e dai falsi, sia effettuare scelte consapevoli e soddisfacenti potendo conoscere ogni informazione che riguardi gli alimenti che acquistano.
      Il mezzo con cui si intende perseguire tali scopi è l'istituzione di una denominazione che attesta l'autenticità delle produzioni su cui sarà apposta. La denominazione «autenticità certificata» servirà a distinguere i prodotti tipici, tradizionali e originali autenticamente italiani e sarà utilizzabile solo su quelle produzioni che saranno iscritte in un apposito registro, ottenute osservando disciplinari di produzione che rispettano l'autenticità del prodotto e che, prima di entrare in commercio, avranno superato controlli ufficiali per garantire la loro conformità al relativo disciplinare.

 

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